Con la sentenza n.28329/2023 la Suprema Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui “è valido il contratto atipico di mantenimento con cui una persona anziana ceda a un terzo la nuda proprietà di un immobile in cambio di cure e assistenza“.
Il caso affrontato dalla Suprema Corte è quello di una persona anziana, senza sufficienti mezzi economici per pagare una badante/assistente familiare, che ha inteso ricorrere alla cessione alla badante della nuda proprietà del proprio immobile, con riserva di usufrutto, al fine di assicurarsi forme di assistenza e cura nel periodo più difficile della propria esistenza.
La Corte di Cassazione ha ritenuto valida ed efficace la cessione della nuda proprietà dell’immobile, fatta salva la valutazione sulla proporzionalità delle prestazioni e della sussistenza dell’alea che devono essere effettuate con riferimento al momento della conclusione del contratto e al grado e limiti di obiettiva incertezza, sussistenti in detta epoca, in ordine alla durata della vita e alle esigenze assistenziali dell’anziana cedente.
In buona sostanza, i giudici hanno ritenuto valido il contratto di cessione della nuda proprietà da parte del proprietario cedente alla badante previa valutazione
1) della capacità di intendere e volere dell’alienante al momento del contratto stipulato senza alcuna opera di circonvenzione da parte della badante cessionaria;
2) della stima dell’immobile ceduto rispetto all’assistenza ad vitam atteso che lo stato di salute dell’anziana assistita era tale, all’epoca del fatto, da non lasciar presagire conseguenze che, di lì a poco, invece, avevano portato al decesso;
3) della capacità effettiva della badante di garantire nel tempo un’adeguata assistenza.
Tutto ciò anche ai fini della tutela della riserva di legittima a favore degli eredi.