Il riposo giornaliero è un diritto al pari del riposo settimanale che si aggiunge distintamente al primo, anche se lo precede.
Vediamo su quali criteri si fondano questi principi.
L’ARTICOLO 36 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
<<Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.>>
Dall’analisi letterale della Costituzione italiana possiamo notare il perseguire dell’obiettivo prioritario che riguarda le condizioni materiali di vita e di altri beni costituzionalmente protetti (la possibilità di condurre una vita libera e dignitosa), cioè direttamente riguardanti la realizzazione della persona.
Per questo concetto, la retribuzione non è più intesa solo come il compenso convenuto per valorizzare la misura del dispendio delle energie psicofisiche nell’ambito del lavoro organizzato (in genere, in un’impresa, ma non solo), ma viene commisurata anche a un criterio esistenziale, riguardante le esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia unitamente con il principio della proporzionalità, definiti come complementari.
Conseguentemente il 2° e 3° comma dell’art. 36 sono ispirati per assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa collegando tempi di lavoro e di vita: quindi, durata massima della giornata lavorativa, riposi settimanali, ferie annuali.
L’art. 36 stabilisce, infatti, una riserva di legge sulla determinazione della durata massima della giornata lavorativa, nel senso che la contrattazione collettiva può integrare la prescrizione normativa, disponendo limiti inferiori rispetto a quelli legali.
Attualmente nel nostro Paese sono attuate le direttive europee recepite con il D.Lgs. 66/2003.
Cosa dice l’Unione europea?
L’Unione Europea con la Direttiva 2003/88/CE del 4.11.2003 persegue l’obiettivo di fissare “prescrizioni minime” per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute dei lavoratori mediante un ravvicinamento delle normative nazionali riguardanti l’organizzazione dell’orario di lavoro.
Con gli artt. 3 (“Riposo giornaliero”) e 5 (“Riposo settimanale”) della Direttiva si prevede, rispettivamente, quanto segue:
- “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive”;
- “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3. Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore”.
All’art. 15 della Direttiva (“Disposizioni più favorevoli”) è stato previsto, altresì, che la stessa “non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori”.
Il quadro normativo UE si completa con l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) nel quale si stabilisce che “ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”.
Un riscontro della norma generale e con riferimento della CDFUE, ci giunge dalla Corte di Giustizia UE, Seconda Sezione, con la recente sentenza n. 477 del 2 marzo 2023, con la quale ha affermato che:
- l’art. 5 della Direttiva va interpretato nel senso che il riposo giornaliero previsto dalla Direttiva “non fa parte del periodo di riposo settimanale di cui al suddetto art. 5, ma si aggiunge ad esso”;
- gli artt. 3 e 5 della Direttiva devono essere intesi nel senso che, qualora una normativa nazionale preveda un periodo di riposo settimanale che supera la durata di 35 ore consecutive, si deve concedere al lavoratore “in aggiunta a tale periodo, il riposo giornaliero” garantito dall’art. 3 della Direttiva;
- l’art. 3 della Direttiva, va interpretato nel senso che quando a un lavoratore è concesso un periodo di riposo settimanale, esso “ha altresì il diritto di beneficiare di un periodo di riposo giornaliero che preceda detto periodo di riposo settimanale”.
In conclusione, si può riepilogare brevemente che:
- gli Stati membri sono tenuti a far beneficiare i lavoratori “effettivamente dei periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale” previsti dalla Direttiva;
- il lavoratore costituisce “la parte debole nel rapporto di lavoro”, per cui è necessario “impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti”;
- la Direttiva “prevede il diritto al riposo giornaliero e il diritto al riposo settimanale in due disposizioni distinte, ossia, rispettivamente, all’articolo 3 e all’articolo 5”, intendendo attribuire “due diritti autonomi” che “perseguono diversi obiettivi”. Il primo, nel permettere al lavoratore “di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un determinato numero di ore che non solo devono essere consecutive, ma anche seguire direttamente un periodo di lavoro” e, nel caso del riposo settimanale, nel consentire “il riposo del lavoratore nell’arco di ogni periodo di sette giorni”. Occorre, pertanto, garantire ai lavoratori “il godimento effettivo di ciascuno di tali diritti”;
- Ne consegue che il diritto al riposo settimanale “non è destinato a ricomprendere, se del caso, il periodo corrispondente al diritto al riposo giornaliero, ma deve essere riconosciuto in aggiunta a quest’ultimo diritto”. Pertanto, il riposo giornaliero “non fa parte del periodo di riposo settimanale, ma si aggiunge ad esso”;
- Di conseguenza, il riposo giornaliero va concesso “indipendentemente dalla durata del riposo settimanale prevista dalla normativa nazionale applicabile”;
- “dopo un periodo di lavoro, ogni lavoratore deve immediatamente beneficiare di un periodo di riposo giornaliero, e ciò indipendentemente dalla questione se tale periodo di riposo sarà o meno seguito da un periodo di lavoro”.
- Inoltre, quando il riposo giornaliero e il riposo settimanale sono concessi in modo contiguo “il periodo di riposo settimanale può cominciare a decorrere solo dopo che il lavoratore abbia beneficiato del riposo giornaliero”.
Una particolare raccomandazione al rispetto dei diritti appena esposti va al lettore che si trovi nella condizione di datore di lavoro domestico, ricordando che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore – sotto in estratto – contempla indicazioni specifiche e precise.
Roberto Dironzo