Regolarizzazione per gli immigrati?
Un buon provvedimento anche per il lavoro domestico
In questo periodo si torna a parlare dell’ipotesi di un provvedimento del Governo sulla regolarizzazione degli stranieri immigrati senza permesso di soggiorno. Secondo accreditati studi, potrebbe interessare centinaia di migliaia di persone. Lo scorso 15 gennaio il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, in risposta a un’interrogazione del deputato di +Europa, Riccardo Magi, ha annunciato che l’Esecutivo intende valutare l’ipotesi di un provvedimento che, a fronte dell’immediata disponibilità di un contratto di lavoro, consenta la regolarizzazione di stranieri irregolari già presenti sul territorio italiano.
I passi verso la regolarizzazione
Secondo quanto fino a oggi emerso si tratterebbe in concreto di prevedere
– alla stipula di un contratto di lavoro (con conseguente rilascio al
lavoratore straniero di un regolare permesso di soggiorno) – l’obbligo da parte del datore di lavoro di un contributo forfettario, non ancora ben determinato nel suo ammontare, da versarsi a titolo di Inps e Irpef.
Il provvedimento di regolarizzazione o “sanatoria”, come viene più
comunemente definito, appare utile – secondo Nuova Collaborazione – per
far emergere dalla clandestinità una moltitudine di persone
che, pur contribuendo con il proprio lavoro, alla crescita
dell’economia del paese e alle carenze dello Stato nell’ambito
dell’assistenza alle famiglie, non è nella condizione di godere dei
diritti e delle tutele messe a disposizione dei lavoratori dalle leggi
dello Stato.
Questo passo – osserva il presidente di Nuova Collaborazione Alfredo Savia
– «appare tanto più utile e necessario se si considera che, uscendo
dalla condizione di lavoratore in “nero”, il lavoratore straniero”
regolarizzato” diventerebbe un contribuente di assoluta rilevanza anche
sotto il profilo previdenziale e fiscale, contribuendo cioè a
implementare le casse dell’Inps e dello Stato con l’Irpef versata».
I tre provvedimenti precedenti e i benefici
L’esperienza delle tre “sanatorie” precedenti (nel 2002, nel 2009 e nel 2012), che ha visto coinvolti centinaia di migliaia di stranieri, ha dato consistenti introiti per le casse dello Stato che, a seguito dei provvedimenti di regolarizzazione dei lavoratori, ha introitato notevoli somme.
Secondo le stime autorevoli, il prossimo provvedimento di
regolarizzazione, oltre a inserire in un quadro di legalità stranieri
lavoratori già presenti in Italia, potrebbe apportare per lo Stato
italiano un beneficio economico per nuove entrate di 1,2 miliardi di
euro tra Irpef e contributi previdenziali.
Anche considerando, su una base di 600mila stranieri irregolari, in via
prudenziale una platea di soli 300mila stranieri beneficiari del
provvedimento, per la metà impiegati nelle famiglie e per l’altra metà
nelle imprese, il beneficio economico di questa nuova sanatoria, al
netto degli effetti indiretti legati all’emersione di componenti
deducibili, avrebbe, comunque, un saldo attivo di rilevante entità compreso tra i 400 e i 500 milioni di euro.
Il possibile impatto della sanatoria
Questo scenario potrebbe avere anche un positivo “impatto sociale”: 300mila persone censite (anzi, molte di più se si considerano i familiari delle stesse spesso anch’esse conviventi in regime di clandestinità) e controllate invece che a rischio di marginalizzazione e criminalità. In buona sostanza, conclude il presidente di Nuova Collaborazione Alfredo Savia, «la sanatoria potrebbe essere un buon provvedimento se non viene considerato solo come un modo di tamponare il problema dell’immigrazione anziché affrontare lo stesso nel suo complesso con una riforma strutturale».