Il green pass diventa obbligatorio dal 15 ottobre anche per i lavoratori domestici. Tutti gli assistenti familiari sprovvisti del documento (e cioè colf, badanti e baby sitter) non potranno continuare a lavorare (cliccando qui il testo integrale del DL 127/2021).
Saranno i datori di lavoro a dover verificare il rispetto delle prescrizioni.
Come gestire questa situazione di incertezza?
Di seguito le risposte alle domande più frequenti per non rischiare di incorrere in sanzioni.
La sospensione del lavoratore dovrà essere comunicata alla sede di riferimento Nuova Collaborazione, compilando il form:
La famiglia potrà assumere un lavoratore in sostituzione. In questo caso, il datore di lavoro non sostiene il costo di due lavoratori, poiché al lavoratore considerato assente ingiustificato non viene corrisposto lo stipendio e anche i contributi INPS rimangono sospesi.
Il lavoratore sprovvisto di Green Pass, pur essendo assente ingiustificato, ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, come previsto dal DL 127/2021. D’altra parte, non va dimenticato che nel rapporto di lavoro domestico vige comunque un regime di libera recedibilità. Pertanto, il datore di lavoro sarà sempre libero di licenziare senza addurre una motivazione, né una giusta causa, la cui sussistenza rileva esclusivamente ai fini del diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.
Si ritiene che il datore di lavoro abbia il diritto di allontanare il collaboratore sprovvisto di green pass, sia per scongiurare il rischio di contagio derivante dalla convivenza, sia per avere la disponibilità dell’alloggio di servizio per il sostituto. Tuttavia, davanti all’eventuale rifiuto del collaboratore, l’unica via che resta per ottenere il rilascio dell’alloggio di servizio è quella del licenziamento ai sensi dell’art. 40 del ccnl. Poiché, allo stato, la mancanza del green pass non costituisce giusta causa di licenziamento, il lavoratore licenziato in tronco avrà diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.
Il controllo può essere effettuato con l’utilizzo dell’app gratuita VerificaC19 (qui il link per il download).
Se il datore di lavoro non dispone di strumenti digitali (computer o smartphone) per la verifica del Green Pass, il lavoratore potrà rivolgersi al proprio medico di medicina generale, al pediatra di libera scelta o in farmacia per il recupero della propria Certificazione verde COVID-19 in formato cartaceo. Le documentazioni rilasciate da strutture sanitarie, farmacie, laboratori di analisi, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che attestano l’avvenuta vaccinazione, la guarigione dall’infezione o l'esito negativo di un test molecolare effettuato nelle 72 ore antecedenti o antigenico effettuato nelle 48 ore antecedenti hanno analoga validità della Certificazione verde Covid 19 (fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri).- Vaccinazione: a 15 giorni della somministrazione della prima dose di vaccino, si potrà scaricaro il proprio Green Pass dall’App IO. Il documento sarà valido fino alla data della seconda dose, momento in cui la validità del Green Pass sarà estesa a 12 mesi.
- Guarigione da Covid-19: in questo caso, il Green Pass avrà validità di 6 mesi. Chi invece ha ricevuto una dose di vaccino entro un anno dal primo tampone positivo, avrà la validità del Green Pass estesa a un anno;
- Tampone negativo: il Green Pass ha in questo caso validità di 72 ore dall’ora in cui è effettuato il prelievo (con tampone molecolare) oppure 48 ore dall’ora in cui è effettuato il prelievo (con tampone antigenico rapido).
I test ammessi sono il test molecolare e il test antigienico rapido. Sono esclusi al momento autotest rapidi, test salivari e test sierologici. In questo caso, sarà il lavoratore a farsi carico del costo del tampone
Il datore di lavoro che non verifica che il lavoratore sia in possesso di valido Green Pass, rischia una multa da 400 a 1.000 euro.
Il lavoratore privo di Green Pass sul luogo di lavoro rischia una sanzione da 600 a 1.500 euro.